“Marco – Dagli Appennini alle Ande” di Isao Takahata e Hayao Miyazaki

(Giappone, 1976)

La Nippon Animation, sulla scia del successo che nel resto del mondo – e soprattutto in Europa – riscuotono gli anime giapponesi, sia al cinema ma soprattutto in televisione, decide di realizzare una serie ispirata al racconto “Dagli Appennini alle Ande”, che fa parte del libro “Cuore”, pubblicato da Edmondo De Amicis nel 1886.

La regia viene affidata a Isao Takahata mentre a curare il layout è il maestro Hayao Miyazaki. I personaggi sono firmati da Yōichi Kotabe – che li aveva già creati per la serie “Heidi” del 1974 – e la sceneggiatura è di Takamura Mukuo che amplia di molto il racconto originale di De Amicis, per consentire lo sviluppo di 52 puntate da circa 22 minuti ciascuna.

Il piccolo Marco Rossi vive a Genova con il padre e il fratello maggiore. Sua madre, Anna, è stata costretta ad emigrare in Argentina per trovare un lavoro che le consentisse di poter mantenere i figli in maniera più dignitosa. Il padre di Marco, insieme al fratello, gestisce un ospedale per poveri che gli assorbe tutte le energie e tutte le risorse.

Col passare del tempo e l’interruzione inspiegabile delle periodiche lettere di sua madre, Marco inizia a preoccuparsi e decide di partire per il sud America, non senza difficoltà e il parere sfavorevole dei suoi parenti.

Finalmente il giovane si imbarca sul battello “Folgore”, che prima fa scalo a Marsiglia e poi lo porta a Rio De Janeiro. Da Rio, con un piroscafo, il piccolo genovese arriva a Buenos Aires dove inizia il suo viaggio via terra per Bahia Blanca all’inseguimento delle ultime tracce di sua madre, che sembra svanita nel nulla.

Sulla sua strada Marco incontrerà loschi figuri che tenteranno di raggirarlo, ma anche persone oneste come lui che lo aiuteranno, come la famiglia di burattinai fra cui c’è la piccola Violetta, sua coetanea, con la quale intreccerà una tenera amicizia.

Quando Marco, dopo numerose peripezie, rincontrerà sua madre, la troverà gravemente malata e in attesa di essere operata per salvarsi la vita…

Al di là del finale, che chi ha letto “Cuore” già conosce, questa serie è sempre piacevole da guardare non tanto per le vicende narrate, ma soprattutto per le atmosfere e le immagini che il magico connubio Takahata- Miyazaki sanno creare e trasmettere, nonostante la sceneggiatura sia tipica di una lunga serialità con, per esempio, numerose ripetizioni degli snodi narrativi avvenuti.

Per amanti del genere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *