“Harry a pezzi” di Woody Allen

(USA, 1997)

Dopo le vicende che hanno sancito la fine, con alcuni pesanti strascichi legali, del rapporto decennale con Mia Farrow – che lo stesso Allen ha poi raccontato dettagliatamente nel suo delizioso “A proposito di niente” – il genio newyorkese ci dipinge la storia personale di Harry Bloch – suo alter ego, tanto che è lui stesso ad impersonarlo – superbo scrittore ma che nella vita personale è un disastro emotivo per chi ha la “sfortuna” di incontrarlo, soprattutto le donne, sua incontenibile e morbosa ossessione.

Come ogni grande artista, anche Harry Bloch si ispira alla propria vita privata per prendere spunto per le sue opere. Caravaggio, usando come modelle le prostitute che frequentava quotidianamente per dare il volto alla Madonna o ad altre figure sacre che dipingeva nei suoi capolavori immortali, al massimo suscitava lo sdegno degli altri prelati che glieli avevano commissionati.

Harry Bloch, invece, pubblicando i suoi racconti e i suoi romanzi, travolge senza il minimo scrupolo la vita delle persone – e ancora una volta soprattutto quella delle donne… – che ha frequentato o frequenta, mettendone in piazza le debolezze, le miserie e i tradimenti.

Nessuno riesce a perdonare Harry, che con il suo egoismo pretende che il mondo si adatti a lui e non il contrario. Autoreferenziale e viziato, Harry è destinato sempre a rimanere solo. E così, alla fine, gli unici che gli staranno accanto, devoti e fedeli, saranno solo i suoi personaggi.

Naturalmente “Harry a pezzi” non ha nulla a che vedere con le vicende personali e legali – ormai definitivamente chiuse – con il matrimonio fra Allen e Farrow, ma è invece una “semplice” confessione personale del regista che alla realtà preferisce sempre e comunque la – …propria – fantasia, dove le cose funzionano e vanno inesorabilmente in linea con il suo – …assai complicato ed irrisolto – essere.

Con un cast stellare fra cui spiccano Judy Davis, Billy Crystal, Richard Benjamin, Julia Louis-Dreyfus, Kristie Alley ed Elisabeth Shue; e con dei camei davvero eccezionali come quello strepitoso di Robin Williams e Julie Kavner, o di Demi Moore e Stanley Tucci, di Eric Bogosian, Mariel Hemingway, Tobey Maguire e Paul Giamatti, “Harry a pezzi” è senza dubbio fra le migliori pellicole in assoluto di Woody Allen.

Da vedere ad intervalli regolari.

“Visite a domicilio” di Howard Zieff

(USA, 1978)

La riforma della Sanità, da pubblica a privata, fu introdotta dal Presidente Nixon alla fine degli anni Sessanta, ma i suoi i veri effetti il popolo americano li percepì definitivamente a partire dalla metà del decennio successivo.

Il fatto di avere una Sanità a pagamento, attraverso le assicurazioni (e quindi, volenti o nolenti, dividere i pazienti in quelli che se lo possono permettere e in quelli che non se lo posso permettere) è un problema che ha investito recentemente anche la presidenza Obama.

Nel 1978, anno in cui uscì questa deliziosa commedia, per noi italiani era – fortunatamente – impensabile concepire una Sanità totalmente a pagamento e basata sulle assicurazioni, e così il motore trainante del film apparve forse troppo remoto, e in molti si concentrarono esclusivamente su i suoi due grandi protagonisti e i loro dialoghi, piuttosto che su tutto l’insieme.

Oggi però che anche la nostra situazione sta cambiando, e il nostro Sistema Sanitario si “appoggia” sempre più spesso a quello privato, il film riacquista nuovi spunti.

L’ottimo chirurgo Charley Nichols (un sempre grande Walter Matthau) rientra dopo tre mesi di congedo personale al Kensington General Hospital di Los Angeles. Ha passato gli ultimi novanta giorni solo alle Hawaii per riprendersi dalla morte della moglie. Grazie alla sua redditizia professione Michales può permettersi ogni lusso per consolarsi.  

La volitiva pasticcera e divorziata Ann Atkinson (Glenda Jackson) ha molti problemi per sbarcare il lunario. Sei mesi l’anno poi deve mantenere anche suo figlio adolescente Michael (interpretato da Charles Matthau, vero figlio di Walter) visto che il suo ex marito non le passa neanche un centesimo di alimenti.

Quando il destino porta i due a incontrarsi la situazione diventa esplosiva…

Ottima commedia con un cast davvero di alto livello dove, a parte i due protagonisti, meritano di essere ricordati Art Carney (che con lo stesso Matthau negli anni Sessanta portò al successo la commedia allora off-Broadway “La strana coppia” di Neil Simon, poi divenuta un noto film) e Richard Benjamin, attore e regista di numerose commedie di successo.  

Per la chicca: da questo film è stata tratta una serie televisiva che ha riscosso un discreto successo di pubblico fra la fine degli anni Settanta e prima degli Ottanta.