“Guglielmo il Dentone” di Luigi Filippo D’Amico

(Italia, 1965)

“I complessi” di Luigi Filippo D’Amico, Dino Risi e Franco Rossi è uno dei migliori film ad episodi della nostra cinematografia degli anni d’oro della grande commedia all’italiana.

Se “Il complesso della schiava nubiana”, di Franco Rossi e con Ugo Tognazzi, è quello meno incisivo ed evidentemente più datato, legato ad un perbenismo che forse – e fortunatamente – oggi si è molto sbiadito, gli altri due segmenti costituiscono una delle migliori pietre miliari della nostra commedia.

Ancora non riesco a vedere “Una giornata decisiva” – il cui sfondo impiegatizio sarà quello dell’insuperabile Fantozzi di Paolo Villaggio – di Dino Risi e con Nino Manfredi, senza farmi prendere dalla rabbia: la timidezza vile del protagonista che non riesce ad afferrare il proprio destino che è lì a portata di mano, proprio mi manda in bestia (forse perché anch’io sono un timido).

E per questo guardo, invece, estasiato tutte le volte l’ultimo episodio: il grande e inarrivabile “Guglielmo il Dentone”. Solo per questa interpretazione Alberto Sordi avrebbe meritato il David di Donatello e l’Oscar nella stessa sera.

Scritto da Rodolfo Sonego, con la partecipazione anche di Sordi, “Guglielmo il Dentone” è un inno a chi affronta la vita con ottimismo e in piena sintonia e fiducia con se stesso. E Sordi lo interpreta con una bravura che ha pochi pari nel mondo del cinema. Ma è allo stesso tempo un monito contro quell’arrivismo implacabile che sboccerà durante il famigerato Boom economico di quegli anni e avrà il suo “grande” ritorno a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta.

Sublime la scena in cui Romolo Valli, nei panni di Padre Baldini membro della commissione che deve scegliere il nuovo speaker del telegiornale della sera, tenta in ogni modo di parlare a Guglielmo dei suoi dentoni, ma lui – puro come l’acqua di una fonte – sentitosi colto in fallo accenna timido a una lieve imperfezione del suo naso…

Da vedere a intervalli regolari.