“Senza pelle” di Alessandro D’Alatri

(Italia, 1994)

Negli anni ’90 il cinema italiano ha prodotto piccoli capolavori che, purtroppo, non hanno ricevuto l’attenzione che meritavano. Tra questi c’è “Senza pelle“, un film che dimostra ancora una volta la maestria di Alessandro D’Alatri nel raccontare le sfumature dell’animo umano. Il regista, che scrive anche la sceneggiatura per la quale vince il David di Donatello, affronta il tema della diversità, della fragilità mentale e della solitudine in un contesto che oscilla tra il quotidiano e l’intimo, grazie anche a un cast di interpreti davvero eccezionali.

La storia ruota intorno a Gina (Anna Galiena, che per questa interpretazione vince il Golden Globe assegnato nel nostro Paese), compagna di Riccardo, un pacifico autista di autobus metropolitani che ha il volto di Massimo Ghini, con il quale ha un bambino di pochi anni. La loro esistenza, apparentemente ordinaria, viene stravolta dall’arrivo di Saverio (un bravissimo Kim Rossi Stuart), un giovane che vive ai margini della società e della propria stabilità mentale. Saverio, con la sua fragilità, entra ossessivamente nella vita di Gina, mettendo in luce le crepe sottili del suo rapporto col compagno e forse la sua stessa identità.

Il tema della malattia mentale viene trattato con rispetto, senza mai cadere in stereotipi o facili giudizi, e rappresenta il fulcro attorno al quale si sviluppa l’intera narrazione. Il titolo “Senza pelle” allude proprio a questa condizione di vulnerabilità estrema che affligge Saverio e che, in un certo senso, contagia anche gli altri personaggi, costringendoli a confrontarsi con le proprie paure e insicurezze.

Dall’altra parte c’è Gina, una donna che sente addosso il peso della sua invisibilità, sia come compagna che come persona appartenente ad una società che l’ha definitivamente e ipocritamente condannata per avere allacciato una relazione con un uomo sposato, com’era Riccardo quando lo ha conosciuto, e con il quale ha poi voluto avere anche un figlio, cosa per la quale ancora la biasima perfino sua madre.

La sua particolare relazione con Saverio, per quanto complicata e precaria, le dà un senso di esistenza che la vita col compagno forse non riesce più a offrirle. Anna Galiena, con la sua consueta raffinatezza, riesce a donare profondità a un personaggio che potrebbe sembrare superficiale, ma che in realtà non lo è affatto.

Non meno importante è l’ottima interpretazione di Massimo Ghini, che incarna un uomo apparentemente gretto e superficiale, ma che in realtà riesce a capire e amare veramente la sua compagna sostenendola anche nel particolare momento che lei sta vivendo. In piccoli ruoli appaiono anche Luca Zingaretti e Rocco Papaleo. Da ricordare anche il progetto musicale su cui si basa la colonna sonora firmato da Moni Ovadia.

Senza pelle” non è un film per tutti i palati, e forse anche per questo non ha avuto il successo che meritava. Ma proprio per questo è un’opera da riscoprire, capace di rimanere impressa per la sua umanità e la sua struggente dolcezza.

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“Il Commissario Montalbano” di Alberto Sironi

(Italia, dal 1999 al 2021)

Ho avuto la fortuna di bazzicare, per un corso, la RAI proprio nelle settimane in cui vennero trasmesse, nel 1999, le puntate della prima serie ispirata al personaggio creato da Andrea Camilleri.

L’aria che si respirava intorno alla serie – già in post produzione considerata “troppo” innovativa per la nostra televisione – era quella di limitare i danni (in termini di ascolti) della fiction “L’ispettore Giusti” con Enrico Montesano, che il giovedì sera trasmetteva Mediaset in risposta al grande successo “Il maresciallo Rocca” delle stagioni precedenti.

La storia, e soprattutto lo share, ci hanno detto chi preferì il pubblico quei giovedì, e che a distanza di ormai 15 anni continua a preferire.

Il segreto del successo sta in numerosi elementi, il più evidente è Luca Zingaretti (che Camilleri ha sempre considerato lontano anni luce dal “suo” Montalbano), ma forse i più importanti sono le sceneggiature e la regia.

Per le prime il merito deve andare allo stesso Camilleri (che si è fatto le ossa, fra l’altro, partecipando all’indimenticabile produzione RAI “Le inchieste del Commissario Maigret” con Gino Cervi) e poi anche alla freschezza e alla bravura di Francesco Bruni.

Per la regia, invece, si deve riconoscere ad Alberto Sironi di aver portato in televisione un linguaggio visivo incalzante, innovativo e soprattutto efficace, sapendo scegliere anche le attrici e gli attori nei ruoli principali come in quelli marginali molto bravi e credibili.

Davvero una bellissima serie tutta italiana.