“Quando muori resta a me” di Zerocalcare

(Bao Publishing, 2024)

Il senso di colpa per Zerocalcare, e purtroppo per molti di noi, è un elemento fondante della vita quotidiana.

Così l’autore ci racconta la storia di un breve viaggio compiuto recentemente con suo padre, che per lui ha l’aspetto e il nome di Ping Ping – ispirato direttamente all’omonima anatra della saga del cinema d’animazione di “Kung Fu Panda” e che è uno dei due padri del protagonista Po – nel piccolo paesino delle Dolomiti, località natale della sua famiglia.

Il viaggio, come tutti quelli dentro noi stessi, sarà faticoso, esasperante e soprattutto doloroso, e Zarocalcare dovrà affrontare antiche ferite ancora non del tutto disinfettate, come la separazione dei propri genitori avvenuta durante la sua infanzia.

E come unico e grande filo conduttore c’è sempre lui: l’inesorabile e sempre affilato senso di colpa che col passare del tempo – e con l’arrivo del successo – diventa sempre più famelico e implacabile, e che riesce a superare lo spazio e il tempo coinvolgendo diverse generazioni. E per questo, forse, il “buon vecchio” armadillo non basta più…

Non a caso, nella quarta di copertina di questo libro, c’è riportata la frase che lo stesso autore ci sussurra con rabbia fra le pagine: “A scuola ti insegnano Felice – Triste – Arrabbiato. Il senso di colpa non te lo spiega nessuno.”

Zerocalcare, al secolo Michele Rech, ci regala un altro godibilissimo e doloroso libro sulla sua vita e sulla nostra società che, soprattutto in questo periodo, non ama guardarsi troppo nello specchio. Tutto condito e saporito da un’ironia irresistibile e graffiante, che ci rende il viaggio più tollerabile, proprio come quello della vita.

Per questo considero Zerocalcare uno dei veri eredi – ammesso che ce ne siano altri – di quello che è stato in assoluto uno dei maestri della nostra – …e non solo – cultura del Novecento, che in una battuta o in una breve frase riassumeva l’anima e i vizi del nostro Paese: Ennio Flaiano.

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