“Il mangione” di Tonino Benacquista e Jacques Ferrandez

(Q Press, 2006)

Pubblicato in Francia nel 1998 con il titolo originale “L’outremangeur”, questo breve romanzo grafico è senza dubbio fra i più originali e insoliti del panorama europeo, e non solo.

L’integerrimo ed efficientissimo commissario Richard Selena ha un doloroso segreto che lo opprime ogni giorno. L’unico modo per riuscire ad andare avanti è quello di mangiare, mangiare tutto quello che il suo stomaco può contenere.

Così, col passare del tempo, ha raggiunto i 160 chili di peso. Ma se il cibo gli ha reso la vita apparentemente più sopportabile, ormai ogni boccone gliela sta accorciando. Il suo cardiologo, infatti, dopo l’ultima visita gli ha dato al massimo due anni di vita a causa proprio del suo peso e della sua condotta quotidiana.

Nel gruppo di supporto per obesi che frequenta, Selena è l’unico che non vuole parlare mai, ma ascolta attentamente i racconti dolorosi degli altri.

Sulla sua scrivania arriva il caso dell’omicidio di Victor Lachaume, dirigente di una nota ditta del porto, trovato morto nel suo appartamento. Mentre tutti gli altri investigatori pensano ad un movente legato agli affari marittimi dell’uomo, Selena si concentra su Elsa, la bella e giovane nipote dell’armatore, figlia del fratello defunto in un incidente automobilistico qualche anno prima.

Dopo alcuni riscontri, fra cui quello di un capello ritrovato sul luogo del delitto e uno che lo stesso commissario ha prelevato direttamente dalla testa della giovane, non sembrano esserci più dubbi: Elsa ha ucciso suo zio.

Ma Selena non la denuncia anzi, contravvenendo a come si è sempre comportato durante tutta la sua carriera, la ricatta: per non finire in prigione lei dovrà passare a casa sua tutte le sere per un anno, fra le ventuno e le ventitré, per cenare con lui.

La giovane rimane allibita, ma è costretta ad assecondare il commissario pur di non finire in galera. Certa che la cena si trasformerà in qualcosa di molto più materiale e sessuale, Elsa si presenta la sera a casa Selena dove, invece, trova la tavola imbandita. Alle ventitré, appena finito di desinare e senza che ci sia stato il minimo contatto fisico, Selena la congeda.

Gli incontri quotidiani provocano in Elsa stupore e confusione, mentre per Selena sono il motivo per trovare tutto il coraggio necessario per cambiare e non vivere più il momento del pasto come qualcosa di violento e vergognoso. Così, col passare del tempo, le cene fra Elsa e Richard diventano sempre più piacevoli e intime, ed il commissario inizia a sensibilmente a perdere peso. Ma…

Storia insolita di un amore molto particolare, che nasce da quello che un uomo, davanti al bivio più inesorabile, sceglie di ritrovare verso se stesso, che per fin troppo tempo ha punito e umiliato.

I testi di questo romanzo grafico sono di Tonino Benacquista (1961), figlio di immigrati italiani che, dopo aver fatto numerosi e diversi mestieri come il cameriere in pizzeria o il cuccettista sulla linea Parigi-Roma, esordisce negli anni Ottanta nella narrativa noir francese. In relazione a questa storia ha dichiarato che: “necessitava assolutamente di essere raccontata con le immagini”.

I disegni, invece, sono di Jacques Ferrandez (1955) che è noto, fra le altre, per le storie grafiche della serie “Gente di paese”. 

Nel 2003 Thierry Binisti dirige lo sfizioso adattamento cinematografico “L’outremangeur” con, nei panni di Selena, l’ex calciatore Eric Cantona.    

“L’Outremangeur” di Thierry Binisti

(Francia, 2003)

Tratto dall’omonimo graphic novel che i francesi Tonino Benacquista e Jacques Ferrandez hanno pubblicato nel 1998 – e che dai noi è stato tradotto “Il mangione” – questo singolare film, centrato sul genere noir, in realtà ne sfiora anche altri, risultando alla fine assai originale e allo stesso tempo molto difficile da classificare, a partire dall’attore che incarna – è proprio il caso di dirlo… – il suo protagonista: l’ex calciatore di fama internazionale Eric Cantona.

In una splendida, ma al tempo stesso scontrosa – come lo sono magicamente tutte le località di mare – cittadina della costa atlantica francese, vive il commissario Richard Séléna (un tenebroso Cantona). Nonostante il suo acume e il suo coraggio, quello che tutti subito notano del poliziotto è senza dubbio il suo peso, che supera i 160 chili.

Anche per questo Séléna è un uomo solitario, e vive da solo nella sua grande casa a strapiombo sul mare. Da oltre venticinque anni poi, il commissario, mangia in assoluta solitudine sia in casa, dove ama cucinarsi prelibati manicaretti, che al ristorante, dove trincera il suo tavolo colmo di pietanza categoricamente dietro un separè.      

L’incolmabile vuoto che cerca inutilmente di riempire col cibo parte da un duro trauma che ha subito da bambino, ma che non ha la minima intenzione di affrontare, neanche quando, dopo l’ennesimo problema di salute, il medico non gli dà al massimo 12 mesi di vita.

Le cose cambieranno quando dovrà indagare sull’omicidio del ricco armatore Lachaume, trovato senza vita nell’appartamento sopra i suoi uffici. La principale sospetta è Elsa (Rachida Brakni, compagna nella vita di Cantona) figlia di Émile (Richard Bohringer) fratello del morto, ragazza che il commissario comprende essere stata l’amante dell’armatore.

Invece di consegnare al giudice istruttore le prove per inchiodarla, decide di ricattarla: se non vuole finire in prigione Elsa dovrà passare tutte le sere dei successivi 12 mesi a casa Séléna per cenare al tavolo davanti al commissario.

Furiosa, sdegnata e all’inizio anche schifata la giovane è costretta ad accettare, ma…

Originalissima pellicola che tratta di un argomento molto complicato e non semplice – ma certo non impossibile – da trattare. Il mondo anglosassone, come mi è già capitato di ricordare, è anni luce davanti a noi italiani nel trattare e raccontare la disabilità fisica o mentale che sia, e questo film ci sottolinea che anche i nostri cugini d’oltralpe sono molto più avanti di noi.

Penso a pellicole come “Amore a prima svista” dei fratelli Farrelly – che ha toni certamente più leggeri anche se tanto graffianti – per quanto riguarda il cinema d’oltreoceano, o lo splendido “La mia vita da zucchina” di Claude Barras in relazione al cinema francese. Alla lista di film, forse più noti e blasonati, quindi, si deve aggiungere anche questo.